giovedì 10 marzo 2011

la laurea serve? il parere del corriere della sera

vi segnalo da leggere questo articoletto di severgnini sul corriere della sera di oggi (edizione on line).
leggetelo e ditemi cosa ne pensate.

http://www.corriere.it/italians/

g.

16 commenti:

  1. Purtroppo il dilemma "laurea o non laurea" affligge tutti i ragazzi di oggi. Noi lettori di questo blog, ovviamente, abbiamo scelto la strada più lunga, intellettualmente stancante e a volte (se mi è permesso) alquanto demotivante. Io credo che l'attenzione si dovrebbe focalizzare più che sul "Dove?Quanto?Cosa?", sul "Perchè?Per chi?Per cosa?": i ragazzi italiani sono spronati a rimanere in Italia e non "scappare" all'estero per aiutare il loro paese a rialzarsi, ma, nel momento in cui decidono di restare, i loro meriti e le loro competenze non vengono premiate. In particolare, a noi studenti napoletani, viene detto di non trasferirci al Nord poichè abbiamo il dovere civile e morale di lavorare per il Sud. La disoccupazione aumenta insieme alla criminalità organizzata, la società non è basata sulla meritocrazia bensì sul cognome che porti. Cosa dovrebbe motivarci a restare?
    La laurea è un titolo che sicuramente, in una società poliedrica come quella attuale, è importante, ma tutto quello che noi studiamo, impariamo e analizziamo lo utilizzeremo davvero? Nelle precedenti generazioni, si diventava manager aziendali solo con l'esperienza sul campo, mentre a noi è imposto un piano di studi caratterizzato da competenze matematiche, giuridiche ed economiche, spesso troppo teoriche. Come disse il prof. Viganò: "voi siete un pò giuristi, un pò matematici e un pò economisti".
    Come analizza il giornalista, i ragazzi fuori corso aumentano e sicuramente questo è causato da una mancanza di propensione allo studio ma, secondo il mio parere, in parte anche da una totale assenza di motivazione da parte del mondo esterno. La laurea deve essere vista come un mezzo per il soddisfacimento personale, a prescindere dal dove, quanto, cosa.

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  2. Credo che laurearsi oggi sia comunque importante; certo potersi laureare all'estero o comunque in delle università molto prestigiose aiuta, e non poco.
    Il nostro sistema universitario dovrebbe essere nel vero senso della parola "stravolto" per evitare che le "menti migliori" migrino all'estero. Oggi,purtroppo, non si da ai quei studenti realemente volenterosi la possibilità di studiare "al meglio", incentivandoli poco; ad esempio dare maggiori borse di studio potrebbe essere una delle soluzioni.
    I giovani soprattutto in Italia si trovano nelle università con personale docente a volte assente e poco preparato, con delle strutture inidonee; e nella società disorientati al massimo poichè manca una vera collaborazione nel mio caso direi tra imprese ed università ma in generale con il mondo del lavoro. Un altra soluzione sarebbe forse quella di aumentare le conferenze per dare un maggiore sguardo anche pratico a ciò che sono le imprese oggi in Italia ma anche all'estero, e nello stesso tempo far si che le imprese "acquisiscano" i migliori da tutte le università. Comunque credo che le stesse università dovrebbero essere premiate quando hanno risultati eccellenti anche numericamente parlando dei miglior laureati.

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  3. sicuramente è un articolo interessante ma a mio parere non aggiunge niente di nuovo a quanto si dice "in giro" negli ultimi anni.Sul punto COSA,sono totalmente in disaccordo.E'da ipocriti affermare che tutte le università offrono opportunità di lavoro purchè si abbia grinta.Faccio un esempio su me stessa,io volevo fare il DAMS nel ramo del cinema,ma obiettivamente cosa avrei mai potuto fare dopo?o meglio,che futuro avrei avuto?Certo la grinta c'è,ma vogliamo nascondere il fatto che ci vuole una bella "spinta" da qualcuno per andare avanti?Anche se in quest'ultimo caso vale un po' per tutti.Oppure gli studenti di Lettere e Filosofia,che "poveretti" devono fare i conti con una società che li tratta da emarginati?E ho sentito dire anche,stesso da uno degli studenti di economia della nostra università "ma che ce ne dobbiamo fare di 200 laureati in Lettere e Filosofia ogni anno in Campania?"E la cosa triste che non è l'unico a dirlo,ma è (ripeto) la nostra società che ragiona in questo senso!Infatti sarà proprio per questo che io me ne andrò sicuramente all'estero.Certo non sono un'illusa,non mi aspetto di trovare "l'America",ma per lo meno la mia dignità e la autostima non verrà messa sotto ai piedi.

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  4. come ho detto anche in aula se riusciamo ad acquisire delle competenze distintive chiare diventa molto difficile disconoscerle del tutto.
    alla fine qualcuno che sia in grado di fare il lavoro serve!
    se posso permettermi un consiglio: sforzatevi di aumentare il vostro livello di coinvolgimento con domande sollecitazioni e richieste di approfondimenti durante i corsi.
    lunedì vi racconto di un'esperienza positiva con altri vostri colleghi della magistrale.
    g.

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  5. Sono sempre maggiori i problemi riguardanti l' Università, ma ancor Piu' preoccupante a mio avviso è il "post" università. Quali sono le opportunità lavorative? E saremo davvero in grado di eseguire, una volta laureati, le mansioni, i compiti e i ruoli che ci verranno affidati? Non credo che per come sia impostata oggi l' organizzazione universitaria riusciremo a far fronte a tutto ciò...  La preparazione strettamente teorica e poco specialistica dei corsi non ci prepara ad affrontare qllo che sarà il nostro futuro lavorativo! Il prof. Vigano' durante il corso, oltre a quanto già detto da Agnese, spiegò che in Australia la facoltà di economia e' divisa in due branche: una strettamente pratica  (che prepara gli studenti alla gestione pragmatica Delle aziende) e una "teorica". Dalla mia esperienza universitaria mi sono reso conto di non essere preparato sul piano del lavoro... Ho seguito per breve tempo le attività commerciali di mio padre, comprendendo che tutto ciò che avevo studiato o appreso fino a quel momento fosse poco rilevante, Perche nell' attività pratica erano necessarie conoscenze specifiche e acquisibili sul campo con l esperienza. Conoscere i clienti, comprendere l' affidabilità di questi, le esigenze del mercato, dei consumatori dei fornitori etc. può essere solo oggetto di studio? Di una funziona matematica? Concludo dicendo che bisognerebbe accompagnare lo studio teorico a esempi pratici e non esercizi matematici complicatissimi e alienanti... 

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  6. Credo che le vostre considerazioni siano giuste.
    C'è molto da lavorare. Credo che la base di tutto (può apparire banale) siano le competenze che si riescono ad acquisire. Mi riferisco non solo alle conoscenze teoriche ma anche alle abilità di comportamento. é la linea che personalmente provo a seguire.
    i vostri commenti mi interessano moltissimo
    g.

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  7. “L'università è un investimento su noi stessi”. L'importanza della laurea per entrare nel mondo del lavoro è indiscussa: la maggior parte delle professioni è infatti subordinata ad uno specifico titolo di studio. Ma, anche se un laureato ha più probabilità di trovare lavoro di una persona che non ha intrapreso o concluso il percorso universitario, non è detto che ciò accada. Come se ciò non bastasse a demotivare i ragazzi, ci si mettono anche dei fattori interni all'università, e il risultato finale è la diffusa sfiducia nel sistema universitario e il calo del numero degli iscritti.
    Chi si iscrive all'università, in particolare a quella pubblica, dovrebbe essere profondamente motivato ad impegnarsi e a dare il massimo per raggiungere i propri obiettivi. E tale motivazione dovrebbe essere veramente forte poiché, purtroppo, non trova un'alimentazione esterna: nella maggior parte dei casi, infatti, la realtà universitaria è poco gratificante, se non addirittura scoraggiante. Questo può essere dovuto, riallacciandomi ai commenti dei miei colleghi, all'impressione, diffusa tra noi studenti, che ciò che studiamo non ci sarà utile sul piano pratico, essendo aridi concetti teorici. Tale problema potrebbe essere risolto affiancando allo studio, sicuramente importante poiché ci fornisce delle basi da cui non possiamo prescindere, l'analisi di casi pratici, che sarebbero oggetto di grande interesse da parte di noi studenti nonché fattore di motivazione, poiché ci mostrerebbero in che modo le conoscenze che acquisiamo siano applicate nella realtà lavorativa. Inoltre, credo che un grande problema diffuso nel contesto universitario, sia il contrasto esistente tra professori e studenti: molte volte ci troviamo di fronte docenti non disposti a riconoscere i nostri meriti, e questo, per una persona che studia con impegno e dedizione, è un forte fattore di demotivazione. La mia speranza è quella di trovare sulla mia strada persone disposte ad un confronto costruttivo e a lavorare insieme per raggiungere un obiettivo comune: la formazione di persone preparate ad affrontare, con competenze ed entusiasmo, la realtà lavorativa.

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  8. Sarò forse troppo critica..ma credo che l'articolo abbia fin troppo banalizzato la questione universitaria,soprattuto per il"dove,come,quando"..dove?"una buona università fuori casa?"facile a dirsi,ma poco concretizzabile,cosa?"quello che volete"beh,non è sempre possibile,purtroppo non si puo scegliere in base alle proprie tendenze,lo studio non viene più considerato un piacere,ma un dovere per lavorare,per avere un "futuro",anche se poi basta accendere la televisione per rendersi conto che il fututo ce l hanno paradossalmente persone poco qualificate,ma questa è un' altra storia.Circa il "quando"è l unico punto condividibile,la motivazione,al di la del confronto con gli altri,purtroppo è da ritrovare in noi stessi.Condivido quanto già esposto dai miei colleghi.."troppe parole e pochi fatti"nelle università italiane dove manca quasi del tutto un confronto pratico con il mondo del lavoro.Sono però fermamente convinta che la laurea serva,che la cultura serva,che persone competenti,che sappiano fare bene quello che devono fare siano essenziali,ed è questa idea che riesce a consolarmi.

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  9. Concordo con voi sul fatto che l'analisi del sistema universitario e dei suoi punti di debolezza rappresenta un passaggio cruciale per creare le basi dello sviluppo nei prossimi anni.
    Concordo con voi anche sul fatto che il momento non è per nulla semplice e che ci sono moltissimi elementi che inducono a scoraggiarsi.
    i vostri commenti (tutti) sono estremamente interessanti
    g.

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  10. Concordo con quanto detto nei commenti precedenti. Purtroppo la società ha portato l'università, lo studio in generale, in una situazione di ridicolo, perchè è inammissibile che ad una persona le venga chiesto se ha la licenza di scuola media superiore o se ha la laurea prima del colloquio di lavoro.
    Due anni fà sono stata in America a 3 ore di macchina da Washington, e ho visitato il college che frequenta un amico di famiglia, vi posso dire che solo per come sono organizzati gli edifici, è un'organizzazione che secondo il mio punto di vista non riusciremo mai a vederla. Purtroppo qui in Italia, noi ragazzi siamo "costretti" a continuare gli studi, no perchè vengano apprezzate le capacità o le conoscenze che abbiamo acquisito nel percorso di studi, ma perchè vale il "pezzo di carta".
    Vale il "pezzo di carta" perchè di tutte le materie che abbiamo studiato dall'isituto superiore alla'università dobbiamo essere fortunati se ne adoperiamo il 10%. L'impostazione, l'organizzazione, il modo di vedere il mondo dello studio e il mondo del lavoro sono sbagliati, perchè ce li presentano come due mondi diversi legati semplicemnte dal "foglio con su scritto il grado di istruzione", ma non è così, sono due mondi interconnessi.
    Non dico noi, perchè il processo di cambiamento è lungo e complesso, ma spero per i fututi studenti che gli sia proposta una visione del mondo dello studio e del lavoro diversa da quella attuale.

    Gabriella Uccello

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  11. Ecco un punto molto importante: il rapporto con il mondo del lavoro .concordo con voi sull esigenza di un ripensamento . Ma di che tipo ??

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  12. Secondo il mio punto di vista, è importante che la scuola offra ai ragazzi la possibilità dal terzo quarto anno di istituto superiore, proseguendo con l'università, di poter vedere con i propri occhi di cosa si dovranno occupare un domani terminato il percoso di studi. Ad esempio l'isituto commerciale dà diversi sbocchi lavorativi, la scuola facendo fare pratica sul posto (banca, studio commeriale, aziende), i ragazzi hanno la possibilità di rendersi conto di quello che sarà il loro lavoro. E nel contempo avranno anche fatto un pò di tirocinio, (dando un attestato in modo tale da poterlo presentare in sede di colloquio per un'ipotetica assunzione), che se non si ha un minimo di anni di tirocinio non si può essere assunti da nessuna parte. In questo modo si agevolasse il percoso che il ragazzo deve intraprendere.

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  13. il raccordo con il mondo del lavoro, ripeto, è un punto cruciale. i vostri commenti mi sembrano molto stimolanti e cerco di rifletterci su, con l'obiettivo di utilizzarli per "migliorare il servizio".
    g.
    ma se volessimo essere più precisi che possiamo fare per rafforzare il raccordo con il mondo del lavoro? o come si può migliorare l'impostazione di base?
    i vostri commenti mi interessano molto.
    buona serata
    g.

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  14. Il raccordo con il mondo del lavoro si può migliorare instaurando dei dialoghi tra la scuola e il lavoro, ad esempio un istituto tecnico può instaurare un dialogo con uno studio commerciale, con una banca in modo tale che i ragazzi hanno la possibilità di fare pratica. Come un altro esempio può anche essere il progetto che faremo nell'ultima parte del corso.

    Gabriella Uccello

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  15. Parlando con parenti e amici inseriti in contesti aziendali, mi sono resa conto di quanto la nostra esigenza come studenti di un maggiore confronto con il mondo del lavoro, sia condivisa e sentita anche dall'altra parte. Infatti la formazione vera e propria, necessaria per lavorare in un'azienda, viene acquisita sul campo, e in molti casi prescinde dalle conoscenze teoriche. Questo significa che, dopo aver conseguito la laurea, prima di poter avviare una carriera, dovremmo affrontare un periodo di tirocinio, per acquisire quelle capacità pratiche che non ci appartengono.
    A mio parere, tale formazione pratica dovrebbe essere contestuale agli studi, in modo da risolvere sia la mancanza di motivazione avvertita dagli studenti, sia l'esigenza delle aziende di persone qualificate anche sotto questo punto di vista. Ad esempio, si potrebbero organizzare degli incontri con dei manager,o altre figure attinenti al contesto lavorativo in cui la nostra laurea ci permetterà di inserirci, che ci parlino del proprio lavoro e ci sottopongano problematiche reali, oppure si potrebbe dare la possibilità ad alcuni studenti meritevoli di trascorrere un breve periodo in azienda, così da rendersi conto di quello che li aspetta.

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  16. quello che dite è giusto e tocca un aspetto importante. Considerate anche che bisogna trovare un equilibrio che non vuol dire formare dei tecnici.
    il discorso è molto lungo ed interessante.
    g.

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